Rivedere con urgenza i requisiti minimi dei Centri Antiviolenza destinatari dei finanziamenti pubblici
Alla luce dell’avviso pubblico per il finanziamento di interventi urgenti per il sostegno alle misure adottate dalle Case Rifugio e dai Centri Antiviolenza in relazione all’emergenza sanitaria da COVID 19 diffuso oggi dal Dipartimento Pari opportunità “è indispensabile e non più rinviabile la revisione dei criteri minimi per qualificarsi come centri antiviolenza e case rifugio previsti dall’Intesa Stato-Regioni del 27 novembre 2014, anche alla luce dell’esiguità dei finanziamenti previsti”.
È questa la richiesta inviata oggi alla Ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti da D.i.Re, Donne in rete contro la violenza. “Una revisione tanto più urgente se si vuole evitare l’ennesima frammentazione di risorse e di energie che deriva dalla ripartizione dei finanziamenti a centri e luoghi che, pur lavorando nel sociale, non hanno i requisiti e la specificità del tema della violenza alle donne, così come anche i trattati internazionali impongono”, spiega la presidente di D.i.Re Antonella Veltri.
“I requisiti previsti dall’Intesa del 27 novembre 2014 prevedono criteri generali e generalisti, lasciando alle Regioni una discrezionalità e un’autonomia che inspiegabilmente ha penalizzato Centri antiviolenza – presidi fondamentali per contrastare il fenomeno – includendo associazioni e enti di varia natura e origine”, si legge nella lettera.
“La nostra valutazione è che, anche in questo caso, ci sarà una polverizzazione di risorse che non verranno indirizzate in modo mirato e utile per sostenere quei Centri che hanno continuato a lavorare nell’emergenza senza avere alcun supporto materiale ed economico”, afferma Veltri.
Una criticità che potrebbe avere un impatto grave, se si considera anche “la sproporzione nel contributo a cui possono accedere le Case rifugio e i Centri antiviolenza”, sottolinea la lettera. “Destinare 15 mila euro alle case e solo 2500 euro ai centri antiviolenza non rispecchia l’enorme lavoro che in questo periodo hanno svolto i centri antiviolenza nel garantire il sostegno e l’ascolto alle donne che in questi mesi hanno chiesto aiuto”, aggiunge Mariangela Zanni, consigliera D.i.Re del Veneto.
“Allo stesso modo sono stati i centri antiviolenza a dover reperire strutture alternative per l’accoglienza e l’ospitalità di donne che per esigenze di sicurezza sanitaria non potevano entrare nelle case rifugio, e dunque a sostenere tutte le spese”, conclude Zanni.