LA 194 NON SI TOCCA!

Seconda puntata della nostra rubrica “Perla”

L’indignazione di questa sera mi obbliga  a scrivere di getto, senza esitazioni. Fuori piove a dirotto e sembra che il cielo stia piangendo anche le nostre lacrime, colme di rabbia.

Care le mie Perle, qualche giorno fa l’aula di palazzo Madama ha votato la fiducia sul disegno di legge di conversione del decreto PNRR. È legge la norma che prevede la presenza di associazioni  antiabortiste nei consultori, ai quali le donne si rivolgono legittimamente per abortire. Le Regioni potranno avvalersi di associazioni “pro-life” per organizzare “una qualificata esperienza nel sostegno della maternità”.

Chiudo gli occhi per un attimo e immagino i nostri consultori: pochi, logori, stanchi, privi di personale, mal tinteggiati, dove aleggeranno “brave e composte signore” che ci mostreranno l’ecografia del feto, ci faranno ascoltare il suo “battito cardiaco” e ci chiameranno mamma a prescindere dalla nostra decisione, facendoci sentire colpevoli di un delitto. Tutto ciò è INACCETTABILE!

La legge 194, nata nel lontano 1978 dopo la lotta fiera  e partecipata di tante donne, non si tocca! Il diritto all’aborto, ad una libera scelta non si tocca. La nostra libertà di scelta deve essere vista come principio etico. Da qui scaturiscono  semplici considerazioni che vorrei condividere con te: fino alla promulgazione della legge n. 194/1978, l’aborto era considerato un vero e proprio reato e pertanto regolato dal Codice Penale nel Libro Secondo al Titolo X “Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe”. Data l’illegalità di tale pratica, le donne che volevano interrompere la gravidanza erano costrette a sottoporsi a pratiche abortive molto rischiose e svolte con oggetti non idonei, in solitudine o con l’aiuto di figure non professionali. L’approvazione della 194 rispondeva all’esigenza di tutte le donne che pretendevano il diritto all’autodeterminazione e ad una interruzione di gravidanza sicura e protetta. L’aborto, giammai come metodo contraccettivo, ma come libera scelta a fronte di un doloroso percorso. Già nel 1979, la legge 194 cominciò ad essere bersaglio di chi voleva limitarla o addirittura abrogarla. Nel maggio del 1981, le cittadine e i cittadini italiani furono chiamate/i ad esprimersi su cinque quesiti referendari. Uno di questi, promosso dal Movimento Per la Vita, voleva sopprimere il diritto all’aborto “concedendolo” esclusivamente in caso di rischio per la donna (c.d. aborto terapeutico). Tale tentativo però fallì: il 68% delle/dei votanti bocciò la proposta.

Oggi, più di 40 anni dopo, assistiamo ancora ad attacchi all’integrità del diritto di scegliere volontariamente di interrompere la NOSTRA gravidanza. Mentre la Francia inserisce il diritto all’aborto in Costituzione, qui in Italia, si svalorizza il ruolo delle figure professionali già previste nei Consultori dando il via libera ad associazioni pro-vita con lo scopo di scoraggiare e colpevolizzare la donna che, liberamente, decide di abortire. Si apre la guerra sul corpo delle donne. Donne che, quando decidono di abortire e sono dentro quei consultori, sono più esposte, fragili, talvolta confuse, non dovrebbero essere alla mercè di militanze, ma prese per mano dallo sguardo competente e attento di ginecologi, psicologi e assistenti sociali. 

In merito poi, alla nostra personale e insindacabile LIBERTÀ DI SCELTA, sono davvero basita che a parlarne siano gli uomini. Uomini  nelle trasmissioni televisive e radiofoniche, uomini nelle stanze dei bottoni. Per poi sentire anche qualche giornalista donna parlare dell’ aborto come “delitto”.

Proteggiamo il nostro diritto di SCEGLIERE!!!  Anche se la strada si fa più tortuosa, ricordiamoci sempre che non c’è libertà se non vengono riconosciuti i nostri diritti. Indignati anche tu! E se ti va, fammi sapere cosa ne pensi. È importante sentire la tua voce. 

Alla prossima.

Oggi, Perla è arrabbiata, è delusa e ha una gran voglia di urlare a questo stato patriarcale e bigotto cosa pensa, vuole essere vicina a ogni donna che vive o ha vissuto con dolore la scelta di continuare o meno una gravidanza, e vuole dirle che, anche se lo Stato non la supporta, lei non è sola.